Dipingere un sogno


Vestita con un abito lungo e leggero, cammino su un prato coperto di brina e rose.

Una dozzina di giorni fa, ho concluso la mia psicoterapia psicanalitica. Per ora, almeno.
È stato un percorso affascinante e confortante, anche se non sempre piacevole. Una seduta a settimana per sette anni, lentamente, secondo il mio ritmo. Goccia a goccia, fino a inzuppare e scavare un terreno secco e duro, che devo continuare a lavorare perché non inaridisca di nuovo.

Ho imparato, tra le altre cose, che ragionare per assoluti - tutto o niente, per sempre o mai più - è utile a rendersi infelici. Che cercare l'approvazione di tutti è sfiancante e sostanzialmente inutile, specie se manca l'autostima. Che gli impulsi negativi vanno guardati in faccia e analizzati, per avere maggiori speranze di tenerli a bada. Che la famiglia è il luogo in cui ci si forma, in tutti i sensi; il più delle volte è lì che bisogna scavare per risalire alle radici di un problema, non per colpevolizzare ma per comprendere e affrancarsi dai problemi altrui, che già bastano i propri. Ho accettato faticosamente il fatto che la vita è mutamento. Ho imparato, se non ad amarmi, almeno a simpatizzare con me stessa.

È facile leggerle queste parole, anche scriverle. Sentirle nello stomaco è un'altra faccenda.


Dopo tanta strada insieme, volevo fare un regalo alla mia terapeuta, una persona simpatica e stimolante, che mi ha mostrato un diverso punto di vista con ironia e metafore calzanti. Alla faccia di chi crede che gli psicanalisti, specie se freudiani, siano delle sfingi.

Dopo averla ammorbata per anni circa il mio desiderio di dedicarmi solo alla pittura, mi sembrava giusto regalarle un quadro. Che rappresentasse un sogno, uno dei tanti raccontati inseguendo i dettagli con la memoria, mentre lo sguardo dal lettino vagava tra la finestra e la pianta accanto alla tenda.
L'inzio dell'impresa è stato un promettente panico da foglio bianco.


Da una terrazza, mi soffermo a guardare un elegante ritrovo di gente in festa.

Era stato un bel sogno, fatto mentre ero sotto tesi, immersa nel mondo di Jane Austen, di qui l'abito stile impero. E se penso a un mare di nebbia, mi viene in mente quello dipinto da Caspar David Friedrich, sempre in quel periodo storico. I sogni saranno anche irrazionali, ma la mania degli abbinamenti non mi abbandona neanche lì.


Costeggio un luminoso mare di nebbia che annulla l'orizzonte e lascia allo sguardo il pacifico appiglio di qualche sagoma di faraglione.

Nel sogno, l'atmosfera ovattata e crepuscolare aveva colori meno definiti di quelli che ho usato. L'abito, per esempio, era decisamente chiaro anche se non ricordo di quale sfumatura. Una volta su carta, avrebbe spiccato ben poco sulla nebbia, così ho scelto un colore insolito per me: rosa caldo, amorevole, il rosa del cielo al tramonto.

Per i fiori mi sono ispirata a una varietà che mi piace particolarmente, la rosa Nostalgie. E sì, il nome è tutto un programma.


Finito il dipinto - che naturalmente è risultato diverso sia dalle immagini del sogno, sia da quel che avevo in mente - è arrivato il momento dell'incorniciatura. E il secondo dramma.

La carta di riso grezza, con petali e foglie pressati all'interno, mi sembrava abbastanza in linea col dipinto per farne un buon passe-partout. Misurazioni scrupolose, ritaglio, incollatura... Orribile. Non mi piaceva affatto. Al punto che, sconfortata, mi sono chiesta se fosse il caso di regalare alla dottoressa una più dignitosa piantina.


Ma certo, come può spiccare un paesaggio nebbioso in una cornice altrettanto indefinita? Un più essenziale cartoncino, dello stesso colore della cornice, ha illuminato tutto.

Verde, perché si sposa teneramente col rosa e sono entrambi i colori di Venere e del chakra del cuore. Verde, il colore della natura creatrice e dell'equilibrio tra ragione e sentimento. Verde perché, concretamente, appare anche nel dipinto.
Senza saperlo, ho scelto un colore che la mia terapeuta ama molto; una piccola fortuna cromatica.

Grazie mille, dottoressa.
Finito il nostro percorso, continuo il viaggio da sola, tra rose, spine e nebbia.
Ma senza troppa angoscia.

14 commenti:

  1. Bel post.

    Ti dedico una foto di "montagne e nebbia" - anche se in realtà eran nubi, 'ché io ero sui 3.000 m slm
    ;-)

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    1. Rhm, manca il link
      http://norbert.smugmug.com/Montagne/Dolomiti-2009-1/9273640_rQLc2W#!i=619584855&k=g8psrL7

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  2. Rosanna ha ragione, amica mia: sei una persona bella, lo eri quando ti ho conosciuta, ben prima di questo tuo percorso, e lo sei ancora di più oggi. Go Simo, go!

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  3. Brava per il quadro e per il percorso completato!
    quel prato sembra perfetto per le capriole ;)
    Un abbraccio tutto emiliano, a prestoprestissimo!
    -Jal-

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  4. Grazie di cuore a tutti... anche per il mare di nuvole, Mandos! :)

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  5. Molto bello sia il post che l'acquerello! :)

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  6. mettendo il tuo nome e cognome ho usato la foto del dipinto per una poesia giappones-Gogyoshi.GrazieSimona ,complimenti!!!

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